L’albero del peccato

14,00 €
Tasse incluse
Autore: Giorgio Panizzari - 2017 - ISBN 978-88-97206-37-8 - Colibrì

Giorgio Panizzari L’albero del peccato 2017, 208 pagine, 14 euro13,5 x 21 cm, copertina a colori con alette isbn 978-88-97206-37-8Questo testo abbraccia un arco temporale che arriva fino al 1989, con uno sguardo che ha cominciato a tradursi in scrittura all’inizio di quel decennio, e scava in un vissuto diretto, riletto in chiave storico-critica e portato al livello dell’enunciazione teorica. In che cosa questo libro che giunge oggi finalmente alle stampe è unico? Anzitutto nel fatto di costituire anche una testimonianza piena e diretta d’una fase durata oltre un decennio di lotta accesa e collettiva nelle carceri italiane. Giorgio Panizzari analizza “sul campo” il ciclo economico di produzione, interrogandolo a partire dalle forme di vita della frazione prigioniera del proletariato extralegale in Italia, e – quasi volesse accogliere il suggerimento dell’autore della Mandragola: "Scrivete i vostri costumi, se volete conoscere la vostra storia" – porta al livello d’un’analisi storica generale una vicenda esemplare, al contempo personale e collettiva: quella di uno specifico ciclo di lotte che investì l’intero sistema degli istituti di prevenzione e pena italiano, un ciclo lungo il quale, “a inter-mittenza”, giunse perfino a incrinarsi la separazione fra “dentro” e “fuori” il carcere, qualificando decisamente la composizione sociale del proletariato extralegale e dell’extralegalità proletaria. La consapevolezza di questa serie di nessi e implicazioni emerge ripetutamente nel testo, laddove per esempio la forma specifica della “modernizzazione” penal-penitenziaria viene fatta affiorare come politica d’una “soluzione finale” dell’espressione più genuinamente di massa d’un movimento che, nato dalle lotte del 1967-69, raggiunge il suo acme nelle “lunghe lotte di Torino nel 1979” e si estende, per "alcune sue componenti, soprattutto quelle politiche o più politicizzate", anche ai due anni successivi. A quel punto, secondo l’Autore, il carattere sostanzialmente simbolico degli episodi di resistenza che continuano a verificarsi tende più all’autorappresentazione che a una concreta incidenza sulla situazione, in rapporto alla quale non è più sufficiente la semplice volontà dei prigionieri. La stessa messa in mora della funzione dell’Asinara, la sua chiusura definitiva come polo di massima deterrenza, "chiude un ciclo, o meglio una congiuntura storica" su cui l’Autore non trae conclusioni, preferendo lasciarle alla libera interpretazione di chi legge. Gli anni successivi, arrivando fino ai nostri giorni, saranno quelli d’un’emergenza assurta a forma di governo, del farsi onnipervasivo della premialità e d’un’estensione del carcerario che travalica ogni misura precedente. Un primo abbozzo di questo percorso di ricerca, corrispondente grossomodo ai capitoli III e IV del presente volume, comparve nel 1983, a Parigi, per le Edizioni Rebelles, a firma del Collettivo prigionieri comunisti delle Brigate Rosse. Il Collettivo Rebelles anteponeva al testo la seguente nota editoriale: «Questo scritto esce a stampa a tre anni di distanza dalla sua stesura (che risale al dicembre ’80-gennaio ’81 – l’indicazione “gennaio ’83” che compare sul dorso del libro è evidentemente un errore tipografico) e per iniziativa del Collettivo Rebelles a causa delle difficoltà frapposte dallo Stato italiano alla sua pubblicazione. Dal tempo della sua stesura “molta acqua è passata sotto i ponti” sia per il movimento rivoluzionario sia per la controrivoluzione. Il centro dello scontro nel movimento rivoluzionario italiano attualmente si è spostato su temi diversi per molti aspetti da quelli trattati in questo libro; la sua pubblicazione in questi mesi potrebbe addirittura essere sentita, a torto, come una presa di posizione del Collettivo Rebelles a favore delle correnti “soggettiviste” che si ostinano ancora a porre il proletariato prigioniero come soggetto centrale del movimento rivoluzionario o addirittura a costruire una immagine della società metropolitana a somiglianza di un grande penitenziario determinato in ogni sua articolazione da un Grande Direttore.
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